Nomadi Senza Storia
di Ennio Martignago
Un tempo vivevano gli Heroi. Non ho difficoltà a crederlo. Oggi non
ne ho più. Tutto può cambiare con una tale velocità che ti chiedi
se le cose del passato non siano solo favole per bambini.
Non so se tutti lo sanno, ma un tempo, proprio poco tempo fa, esistevano ancora i
Re, ed erano in quasi tutte le parti del mondo. Non i Re di oggi, che non vanno più
bene neanche per gli scandali. Io dico gli Imperatori, quelli come Napoleone.
Poi è venuto Hitler a cancellare la Storia (certo la conoscerete quella "storia"
che, soprattutto dai tempi di un filosofo italiano di nome Vico, si intende chiamare
La Storia?!). Le cose hanno smesso di andare come tutti si sarebbero aspettati.
Tutti hanno scoperto che l'Assurdo è possibile e questa scoperta ha fatto riflettere
alcuni sul fatto che forse anche quello che, come La Storia, tutti ritenevano logico,
potesse essere stato anche assurdo.
Da poco più di un decennio dopo la scomparsa della Storia ero presente anch'io.Non
credo proprio che il mondo sia cambiato perché c'ero io, ma a me sembra sempre
un po' di sì. Che fosse poco che era stata cancellata la Storia era evidente
per il fatto che l'occidente era soprattutto preoccupato di evitare una guerra in
casa propria a tempi brevi. Forse nessuno avrebbe pensato che per più di cinquantíanni
in Europa non ne si sarebbe più parlato, al punto di stupirsi, finendo quasi
per non riconoscerla, quando le TV ce l'hanno descritta fuori dalle porte di casa.
La Storia era una cosa grande. La scuola ce la insegnava sempre come una cosa assoluta
e non come una condizione relativa, suscettibile di svariate interpretazioni, come
si fa oggi. Nella mia infanzia ricordo che c'erano luoghi e oggetti per cui si doveva
provare rispetto, riverenza e, talora, timore. La famiglia era una di queste cose:
poteva essere "bella" o "brutta", ma non "relativa";
che senso avrebbe avuto? La squadra di calcio era un'altra. Eppoi il dottore, il
maestro, l'avvocato -neanche nominarlo, quello- le lauree in economia e commercio,
per non parlare dei master di amministrazione aziendale... L'impiego in banca
non era relativo. All'epoca, mio zio aveva una Giulietta: e quella era proprio una
cosa seria! La mia memoria ricorda ancora auto dalle forme strane: la Dauphine e
la 600 multipla. Un'auto era un investimento. Una bocciatura, uno striscio sulla
carrozzeria, prima che un danno, erano una bestemmia, un vilipendio iconoclastico.
E c'era anche l'inarrivabile, l'irraggiungibile, l'inconcepibile: gli astronauti
e i "Cervelli Elettronici".
Devo cercare di ricordare... altrimenti non posso spiegare... non riesco neppure
più a capire, perché oggi mi sembra tutto così normale, mentre io
sono un altro e il mondo stesso è molto più altro che non dopo 30 anni
di cinquantíanni fa... Allora, discosto dal Tempio dei culti del popolo, un
altro luogo di culto, questo però più esoterico, spoglio e poco raggiungibile,
perché abitato dai maghi del miracoloso e dello stupefacente, era la sorprendente
elettronica.
Quando mio padre arrivò a casa con un Philips 21 pollici da cui fece capolino
il bravo maestro Manzi che, come un dottore curava il grande analfabetismo mostrando
come fosse facile leggere, scrivere e disegnare, io ero perso sui movimenti delle
sue mani sulla lavagna. Quella sera io fui un altro. Guardavamo quel dono del cielo
e sapevamo, come per un patto di sangue, che quella cosa là avrebbe dovuto essere
riverita e rispettata e che, una volta scelta, sarebbe stato, se non per sempre,
almeno per tanti e tanti anni. Così fu: quel televisore ci mostrò il Vayont,
la morte di Kennedy e di papa Giovanni, le barricate della rivolta studentesca, l'atterraggio
sulla luna, i campionati del Messico, le stragi dell'Italicus e di Bologna, affacciandosi
fino alla metà degli anni '80: vent'anni.
Nel decennio successivo ho visto passare per casa cinque televisori a colori; alcuni
col televideo, altri stereofonici, altri formato tascabile e così via. A un
mio amico ho fatto comprare un computer Macintosh 630 con scheda AV, e lui la tele
se la guarda là dentro. Non so bene chi di noi due ha capito a cosa servisse,
ma, già che c'eravamo...
Insomma, dopo un po' ho avuto la sensazione di ritrovarmi orfano, non avendo più
quei punti di riferimento stabili, le cose che contano. E le macchine, Signore, quelle
sì che contavano! Quasi come la casa, simbolo di uno di quei valori primari,
la stabilità, la sicurezza. Questo argomento aveva fatto per anni la fortuna
degli elettrodomestici tedeschi e dei mainframe IBM, Digital e così via. Una
volta il computer, quelle stanzone rumorose di ventole e perforatrici che facevano
un po' meno di quello che fa oggi il mio Organizer, si chiamava "Cervello Elettronico",
e in queste due parole si poteva cogliere tutto il miracolo impronunziabile dell'oggetto.
Credo che dopo i capelloni, che sarebbero poi gli uomini che sembrano donne,
il computer "personale" sia stato il peggior attentato all'ordine costituito
del mondo occidentale.
Già! Il fatto è che ogni tanto bisogna guardarsi indietro per rendersi
il conto di come sia pesantemente cambiato quello che noi invece diremmo eterno.
Che cosa è veramente così cambiato al punto tale da renderci diversi?
Il fatto è che molti continuano a sostenere che tutto questo non è avvenuto.
Che il postmoderno e il pensiero debole siano solo mode. Ma Bachelard,
Lyotard, Rovatti e Vattimo le cose non se le sono inventate da soli. Loro le hanno
solo registrate. Chi le ha inventate è l'utilizzo che abbiamo fatto delle tecnologie.
La televisione ha fatto il nostro modo di vivere con lei. Noi l'abbiamo accettata
come spesso si accetta di vivere con un partner: perché in fondo fa bene quelle
uova al tegamino a cui non ne saprei fare a meno.
Alcuni invece hanno scritto di postmoderno usando categorie fin de siècle.
Il pensiero debole nasce dalle caratteristiche stesse delle tecnologie che abbiamo
introdotto a questo mondo. La transizione a cui abbiamo assistito in questo scorcio
di fine secolo ha fatto scomparire il Valore, i Fondamenti, le "cose che contano
veramente" dai nostri schemi di riferimento. é inutile dedicarsi a patetiche
manifestazioni nostalgiche. Il pensiero è cambiato nel dar retta alle macchine,
e le macchine sono cambiate per seguire l'emigrazione del pensiero dalla sua patria
storica. Non possiamo più accettare il pensiero di ieri. Non riusciamo ancora
ad accettare le caratteristiche del pensiero di oggi. Sul suo altare esige un grande
sacrificio: quello del nostro narcisismo e quello della permanenza storica del nostro
io attraverso le sue opere, attraverso la memoria che lascia di sé.
Il decentramento del supporto elettronico al pensiero e alla comunicazione è
il mezzo con cui questo spostamento si sta realizzando. Il mio computer, nel momento
in cui rende più potenti me e altri soggetti come me, un tempo delegittimati
a compiere prestazioni complesse e a divulgarle, rende al tempo stesso meno "Importante"
quel che faccio. Dà cioè un'autonomia alla Creatura che, almeno dai tempi
di Frankenstein, nessuno avrebbe supposto possibile.
L'Opera non ha bisogno di un editore per essere divulgata e non ha bisogno di un
autore per venire fruita, come pure ha tanta più efficacia quanto prima viene
dimenticata per ricomparire, sotto mentite spoglie, in un'altra opera. Quello che
un certo spiritualismo sostiene da sempre, vale a dire che il pensiero non viene
creato dall'uomo, ma lo nobilita facendosi ospitare da lui, concedendogli di rendersi
tramite alla sua espressione, é oggi dimostrabile, in quanto il pensiero supera
il soggetto, che a sua volta si esaurisce nella manifestazione. Per questo l'uomo,
la donna, il bambino con il loro personal computer, magari di piccolo formato, come
un Newton, non hanno patria. Sono randagi. Manifestano emozioni o disegnano mondi
provvisori con macchine provvisorie, di cui si possono dimenticare. é giunto
il tempo in cui Intel, Microsoft, Apple ecc.... non devono più essere dei punti
di riferimento. Il randagio di oggi opera sulla macchina che ha sotto mano, quella
che in quel momento gli va meglio. Manda quello che fa in qualche banca dati telematica
e si dimentica di lui.
qualche volta si nega, qualche volta si dà
e semina i figli nel mondo
perché è del mondo che sono figli
i figli...
F. De Gregori, Quattro cani per strada
l pensiero che permane è un pensiero che cerca di metter su famiglia. Per molto
tempo, quando c'era ancora "La Storia", il pensiero si misurava in "storia":
la Storia della filosofia, la Storia della letteratura, la Storia della Psicologia...
Era un buon pensatore quello che concepiva un Sistema euristico omnicomprensivo che
fosse protetto ed inattaccabile da tutti i versanti. In questo furono maestri taluni
pensatori di origine ebraica, come Spinoza, Marx o Freud; anche se questo primato
sembra spettare a Hegel (che di Spinoza si diceva erede).
Gli altri venivano considerati al più dei "giornalisti". Questo fino
a che non arrivarono prima Stirner, poi Shopenhauer, e infine, più di tutti,
Nietzsche a uccidere "La Storia", con l'elogio de "L'Inattuale"
e dell'incongruente.Vi fu un tempo in cui si dava valore solo alla grande opera:
al grande poema, o all'epopea. Gli ultimi esempi di questo sistema di valori sono
costituiti dalla "Commedia" dantesca. Poi ci si contentò di meno e
fu il trionfo del Romanzo. Ma già all'inizio del secolo Kaffka e Joyce anche
di questo hanno smontato l'assioma stesso dall'interno, negando i tratti "romantici"
del romanzo.
Un sistema, un'epopea, un romanzo erano tutti dei "grandi investimenti"
destinati a rimanere nella Storia. Avevano oltretutto stipulato un contratto secolare
con le accademie (anche in quel caso a vantaggio spesso più degli sponsor
che degli autori, il più delle volte ignari del destino delle creature).
Li abbiamo buttati dalle finestre la notte di S. Silvestro di qualche anno fa! Oggi
cerchiamo "pensieri componibili"; se non proprio "usa e getta",
almeno "in prestito" e "prestabili". Vogliamo poterci vestire
di moduli intellettuali variabili a basso prezzo, poco solidi
(poco "tedeschi"), ma molto funzionali. Leggiamo filosofia aforistica e
narrativa breve o raccolte di racconti, oppure peggio romanzoni fatti di paragrafi-puzzle
ricomponibili e riciclabili; guardiamo telenovela e andiamo matti per i blob
e lo "zapping".
Fino a qualche tempo fa c'era il computer che "faceva tutto" e quello
che non riusciva a fare era solo perché non era stato codificato correttamente.
Dimmi per che cosa ti serve, ma fallo usando le mie categorie logiche, vale a dire
quelle binarie, tipiche del computer, dicevano i negozianti degli anni '80, quando
dovevano rifilarti un PC. Non prendevano in considerazione che chi comprava poteva
non sapere ancora quello che avrebbe potuto aver voglia di fare quando fosse stato
capace di usare la logica binaria del negoziante; avrebbero trovato oltraggioso che
qualcuno potesse sviluppare un proprio particolare mix soggettivo nell'utilizzo di
quella macchina e del software. Guardavano con nostalgia ai tempi díoro, quando
le cose informatiche si facevano ancora sul serio e dovevi usare il sistema operativo,
applicativi compresi, che ti veniva fornito con la macchina, pagare e stare zitto.
E lo facevano solo le grandi industrie (che pagavano anche molto bene), perché
tanto il borghesuccio viziato del computer non ne aveva certo bisogno se non per
giocarci.
Oggi avviene il contrario, al punto che anche i sistemi operativi non piacciono più
"tutto compreso". Li si vogliono modulari, a microkernel adattabili.
Oggi la logica binaria classica piace sempre di meno, così ecco comparire (anche
se si vede poco in giro) la logica fuzzy, che assume l'approssimazione e una
certa incoerenza come regola.
Nell'immaginazione dei più l'informatica rappresenta la mente tecnologica
dell'umanità, dove tutto viene celebrato e conservato in un'urna che supera
le nostre esistenze, a cui ognuno di noi potrà attingere con sicurezza in ogni
momento. Chi l'avrebbe mai detto un tempo che le memorie potevano ammalarsi prendendo
i virus, o che potevano rapidamente perire di dementia senilis molto più
e prima degli uomini? La mente comune ragiona come gli amministratori statunitensi
di cui parla Simon, che, posti di fronte all'inadeguatezza dei sistemi informatici
atti a raccogliere le informazioni provenienti dalle sedi diplomatiche di tutto il
mondo, invece di modificare lo screening delle informazioni, preferirono potenziare
l'hardware creando le condizioni per una progressione geometrica dell'incremento
informativo che divenne definitivamente impossibile da trattare. Questo modello continua
a pagare per il mercato informatico, come dimostra l'attuale tendenza a sviluppare
software elefantiaco per piattaforme hardware teratologiche. Tutto questo fa pensare
all'acquirente di essere potente e di investire per il lungo periodo. Non si rende
conto di stare soffiando sulle braci di un incendio che aspettava solo un po' di
vento per espandersi senza freno.
La parte che vede un incremento maggiore non è rappresentata tanto dal motore,
la CPU (386, 486, Pentium, PPC, Alpha...) quanto dalla memoria, a cui, chi compra
non fa caso. Il fatto è che chi compra è comunque convinto che l'informatica,
il suo personal rappresenti il prolungamento della vita, resa eterna dal superamento
dei vincoli di conservazione dell'informazione. é l'idea della grande dispensa
dei documenti: quella del ristorante con menu e servizio al tavolo contro quella
del take away.
Per me -e per qualcun altro, certo- l'informatica ha ridotto il tempo di vita
ed il valore stesso del documento, del messaggio, dello scritto, accelerandone il
metabolismo e consentendo loro una salute diffusa e la garanzia di rapidità
nel movimento. Il testo arriva così ai confini dell' "usa, sfrutta e getta",
senza nostalgie.
L'idea dell' "usa e sfrutta" era già diffusa nel mondo della produzione
editoriale. Molti libri sono collazioni di scritti altrui. Non si contano i "saggisti"
che usano le forbici per scrivere e la penna per cucire. Naturalmente, l'elaboratore
consente di fare questo lavoro di collage al meglio; in certi casi (come per
la "trash TV") con delle vere e proprie routines. Il fatto è
che, a parte questo utilizzo, alla fine ben pochi sono i casi in cui si riesumano
vecchi documenti. Il fatto che siano registrati in memoria ci salva la coscienza
nei loro confronti: non li abbiamo uccisi, non li abbiamo gettati. Come istantanee
ingiallite che a rivederle fanno tristezza finiscono stoccate in qualche disco, così
finalmente non ci si troverà mai più a dovere pensare a loro, come sarebbe
capitato per gli scritti in libreria al prossimo riordino. C'è chi si pone il
problema dell'impossibilità della ricostruzione filologica del testo e della
perdita del senso dell'autore e, con esso di parte della cultura locale. In genere
se ne preoccupano i filologi e gli accademici della conservazione. Io mi preoccupo
solo che i filologi possano sparire in fretta e, con essi, la funebre cultura degli
ossari.
I bambini non giocano per essere ricordati!
D'altronde il potere di creare degli autori un tempo sotto l'egida della promozione,
e quindi dell'establishment editoriale, ora può sottostare alla logica
della diffusione, tipica dell'editoria di rete aperta. Per questo per gli
autori è l'alba di una nuova democrazia del pensiero che pone il grosso problema
della visibilità della qualità. Forse bisognava che tutto cambiasse perché
tutto rimanesse come prima, ma solo così i vecchi potentati editoriali possono
essere sostituiti da nuove forme di promoters: chi sceglie e propone un proprio salotto
è editore. La professionalità del critico ritorna in auge misurandosi con
una gestione per obiettivi guidata dal mercato. Per essere concreti, l'attività
che Pavese o Calvino hanno compiuto per l'editoria italiana dagli anni '50 '60 poteva
essere un WWW a pedaggio su Internet: quindi di per sé stesso editoria elettronica.
Oggi, infatti, chi vuole farsi conoscere nelle piazze telematiche tende a saturarne
gli spazi con propri messaggi, il più delle volte provocando. Il meccanismo
della provocazione per far parlare di sé, tipico del media televisivo , può
ora venire sfruttato da chiunque riesca ad avere accesso al media telematico.
Un'altra idea della rappresentazione comune dell'informatica è quella che la
lega alla sostituzione del supporto cartaceo: il mito dell' "ufficio senza carta"!
Non sarà il computer a determinare il superamento degli archivi cartacei, fino
a che non ci si renderà conto che il tempo richiesto per leggere ed elaborare
mentalmente l'informazione è di gran lunga più dispendioso dei vantaggi
offerti dalla conservazione dei documenti. A volte leggere gli scritti può essere
più lungo e faticoso della loro stessa composizione. Per questo la scrittura
randagia è il più delle volte incompiuta ed immemore di se stessa.
Il più delle volte chi scrive lo fa per ciò che trae dall'atto stesso e
non per il prodotto che genera. Scrivere per far leggere è sempre meno
necessario. Lo scrivere stesso forse lo è.
Seguendo questo ragionamento troveremo agli antipodi la logica degli esperti di EDP
tradizionale, da un lato, e le teleconferenze (BBS, Usenet...), dall'altro. Della
forma mentis del primo polo abbiamo già trattato prima. Un esperto di
sistemi informatici istituzionali o di impresa non riuscirebbe neppure a cogliere
l'oggetto di questo discorso, tanto dà per scontato l'utilizzo classico e monolitico
dell'informatica. Trova un esercizio di promiscuità fanatica l'utilizzo del
computer al di là dei fini lavorativi.
Nelle teleconferenze e nella posta elettronica vale invece la legge dell'istantanea
contro quella delle foto da studio (Cartier Bresson contro Hamilton). Il documento
viene prodotto spesso in presa diretta; raramente rielaborato, finisce per risultare
ricco di errori di battitura, trascurati il più delle volte dagli stessi lettori.
Rimane per un certo tempo in memoria e poi scompare per sempre nel nulla.
Dietro ad un titolo possono trovarsi più autori tutti accomunati dai contributi della catena testuale delle risposte a un messaggio. Il titolo può essere, ad esempio, "Il posto della donna nella rete". Il primo messaggio sarà intitolato solo così. Il secondo, che riporterà parte del testo del primo, si chiamerà: "Re:Il posto della donna nella rete", il terzo, che riporterà citazioni da entrambi, sarà: "Re(2):Il posto della donna nella rete", e così via. Mano a mano che i messaggi aumentano si finirà per ottenere un discorso estremamente articolato che si sarà allontanato parecchio dal tema iniziale. Se noi collazionassimo ad arte le risposte avremmo un testo di un autore collettivo, composto in maniera stocastica. Un prodotto letterario completamente nuovo. Per questo BBS e Internet sono le stanze principali della scrittura nomade. I messaggi sono rapidi: non c'è tempo per leggere o scaricare lunghe relazioni, e raramente questo tipo di messaggi verrebbe letto e commentato. Tra superficialità e profonda leggerezza (Kundera), si muove un nuovo soggetto che fino a ieri aveva poco tempo e poca affinità per la scrittura e oggi passa lasciando deboli tracce sulla sabbia. Il suo computer è meno oggetto di lavoro di quanto sia mezzo per perdersi e ritrovarsi in seno a una nuova transe. Potente o leggerissimo, ospita sempre più programmi che documenti. Da quando il modem lo ha aperto al mondo, il nomade del computer è frustrato di fronte all'ebrezza delle potenzialità che il media offre e l'impossibilità di comprenderle a pieno, mentre veloci si muovono le pedine dei potenti che cercano di appropriarsene. Se così fosse, egli dovrebbe emigrare ancora, ancora una volta.